Le mamme quando diventano mamme ricevono una serie di doni.
Sono in massima parte doni come quelli delle fiabe, con un prezzo ben preciso, ma nondimeno sono doni.
C’è la capacità di svegliarsi se il respiro di un bimbo cambia ritmo, o se tossisce in un’altra stanza dietro due porte chiuse,
c’è la capacità di mettere comunque insieme la giornata anche come dopo le notti di cui sopra,
c’è la capacità di notare cambiamenti infinitesimali di umore, colorito, attitudine, che son poi le cose che fanno sì che il rapporto coi pediatri sia così complicato,
c’è il timer interno che dopo 1 minuto e 18 secondi di silenzio ti fa scattare in piedi e andare a controllare che nessuno stia istigando nessun altro a ingoiare pezzi di lego,
ci sono gli occhi dietro la testa e di lato e anche in cima, il superudito che capta un bofonchio sussurrato a tre stanze di distanza, l’agilità di acchiappare in tuffo un infante che sta per saltare giù dal tavolo che al Sei Nazioni se la sognano di notte.
Infine, ed è uno dei più inquietanti, c’è il delirio spaziotemporale.
Le mamme, ahiloro, quasi mai riescono a vedere quello che guardano.
Guardano unenni che azzannano un pennarello e vedono architetti.
Guardano uomini che aspettano all’altare una sciacquett tizia di bianco vestita, e vedono cinquenni in lacrime appena caduti dalla bici, con le ginocchia rovinate.
Guardano universitarie che blaterano di anni all’estero e vedono la cuffietta rosa che l’ostetrica ha cacciato sulla testa di una robina urlante.
Il punto è che non lo sai, quando capita, quando la terra ti scivola da sotto i piedi, quando il mondo si sfoca e vedi quella sola immagine reale, mentre tutto il resto perde senso.
Ieri Seavessi è andata a fare un giro al supermercato, tanto per guardare due vetrine e gli addobbi, e sfangare una giornata di nebbia.
A un certo punto, nella corsia dei detersivi, l’Infanta si è allontanata di pochi passi, ha allargato le braccia, e ha accennato una specie di passo di danza,
non i passi seri che impara a scuola,
semplicemente un movimento felice, di leggerezza, di quei gesti che immediatamente evocano la primavera, il sole, un concerto in uno stadio.
Seavessi non l’ha più vista.
Ha visto una ragazza bionda allontanarsi a passo di danza, sorridendo, verso il mare.
Poi si è girata e ha chiamato mamma, e il mondo ha fatto PLOP ed è tornato al suo posto,
ma ormai Seavessi ha visto quella ragazza, e le viene da scrutare in quegli occhi grigi di nebbie con amore e timore, e desiderio, oh, quanto desiderio di essere capace, di restarle vicino.